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ODINANZA DI INGIUNZIONE NEI CONFRONTI DELL'AVV. GIOACCHINO GENCHI - 31 MARZO 2016

 

Registro dei provvedimenti
n. 148 del 31 marzo 2016

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici e della prof.ssa Licia Califano, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

RILEVATO che l'Ufficio del Garante, con atto n. 32089/81141 del 20 dicembre 2012 (notificato in pari data), che qui deve intendersi integralmente riportato, ha contestato all'avv. Gioacchino Genchi, nato a Castelbuono (PA), il 22 agosto 1960, residente in Palermo, piazza Principe di Camporeale, n. 64, C.F. GNCGCH60M22C067N, la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 13, 23, 27, 162, comma 2-bis, 164-bis, commi 2 e 3, e 167 del Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lg. 30 giugno 2003, n. 196, di seguito denominato "Codice");

RILEVATO, più precisamente, che nell'atto di contestazione è stato rappresentato che:

-  «la parte è stata indagata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo per avere creato una banca dati informatica, accessibile liberamente anche ai suoi collaboratori, contenente i dati personali, in particolare relativi a traffico telefonico (utenze, anagrafiche di utenti, chiamate telefoniche), acquisiti nell'espletamento di incarichi di consulenza attribuitigli, nel corso degli anni, da varie Autorità giudiziarie in numerosi procedimenti penali»;

- «il suddetto procedimento penale - relativo alla fattispecie prevista e punita dall'art. 167 del Codice - si è concluso con l'archiviazione in quanto l' A.G. procedente, pur ritenendo integrati gli estremi oggettivi del reato di trattamento illecito di dati personali non ha ritenuto sussistente nel caso di specie la condizione obiettiva di punibilità richiesta dalla norma, rappresentata dal nocumento subito dai soggetti cui si riferiscono i dati trattati dall'indagato»;

- «Gioacchino Genchi, espletati gli incarichi, non ha riconsegnato tutti i dati raccolti e trattati ma ne ha conservato copia formando un archivio unitario, del tutto autonomo dalle singole consulenze tecniche a lui affidate, utilizzandolo per la elaborazione di ulteriori consulenze tecniche»;

- «al trattamento di dati giudiziari da parte dei consulenti tecnici nell'ambito dell'incarico conferito dall'A.G. si applicano […] con gli accorgimenti individuati dal Garante nelle […] linee guida datate 26 giugno 2008, le medesime disposizioni di cui all'art. 47 del Codice previste in capo all'A.G. delegante, dal momento del conferimento dell'incarico e fino alla sua scadenza e, pur considerati i margini di autonomia riconosciuti all'ausiliare, nei limiti della cornice di operatività individuata dallo specifico mandato conferito al consulente stesso";

- «al di fuori di tali limiti legati all'oggetto e alla durata dell'incarico, l'eventuale ulteriore trattamento di dati personali effettuato dal consulente, rispetto a dati acquisiti nell'ambito della propria attività di ausiliare del giudice o del pubblico ministero, deve essere considerato illecito per violazione dell'art. 11, comma 1, lett. d) ed e), e dell'art. 27 del Codice, anche laddove consista nella mera conservazione dei dati stessi, poiché posto in essere da un soggetto che, una volta conclusa l'attività di consulenza, si qualifica come libero professionista e lo effettua in mancanza dei presupposti di legge e al di fuori dall'ambito individuato dalle pertinenti autorizzazioni del Garante";

- «anche il trattamento di dati personali diversi da quelli giudiziari svolto al di fuori dei suddetti incarichi di consulenza tecnica è illecito, in quanto effettuato da un soggetto privato in difetto del consenso informato degli interessati (artt. 13 e 23 del Codice)";

RILEVATO che con il citato provvedimento del 20 dicembre 2012 sono state contestate all'avv. Genchi:

a) ai sensi del combinato disposto degli artt. 161 e 164-bis, comma 3, del Codice, la violazione delle disposizioni di cui all'art. 13 del medesimo Codice, concernenti l'omessa informativa agli interessati;

b) ai sensi del combinato disposto degli artt. 162, comma 2-bis, e 164-bis, comma 3, del Codice, la violazione delle disposizioni indicate nell'art. 167 del Codice, tra le quali quelle di cui all'art. 23 del medesimo Codice, relativa alla raccolta del consenso degli interessati;

c) ai sensi del combinato disposto degli artt. 162, comma 2-bis, e 164-bis, comma 3, del Codice, la violazione delle disposizioni indicate nell'art. 167 del Codice, tra le quali quelle di cui all'art. 27 del medesimo Codice, relativa al trattamento illecito di dati giudiziari;

d) ai sensi del combinato disposto degli artt. 161, 162, comma 2-bis, e 164-bis, comma 2, del Codice, le suddette violazioni di cui agli artt. 13, 23 e 27 del medesimo Codice commesse con riferimento ad una banca dati di particolari rilevanza o dimensioni;

VISTO il rapporto relativo all'atto di contestazione di cui sopra, predisposto dall'Ufficio ai sensi dell'art. 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, dal quale non risulta essere stato effettuato il pagamento in misura ridotta, laddove consentito;

LETTI gli scritti difensivi del 19 gennaio 2013 e il verbale di audizione del 13 luglio 2015, che qui si intendono integralmente richiamati e che, in sintesi, osservano:

1) «si ritiene opportuno denunciare la grave violazione al diritto di difesa dello scrivente, con riguardo alla mancata ostensione della documentazione amministrativa posta a fondamento e analiticamente richiamata nel provvedimento di contestazione. Tale violazione risulta ancor più grave sotto il profilo del nocumento dei diritti costituzionali del ricorrente, tenuto conto del mancato accoglimento della richiesta di sospensione del procedimento amministrativo in pendenza di altro procedimento penale, che impone allo scrivente di doversi comunque difendere in sede amministrativa (entro il termine perentorio di 30 giorni) senza avere potuto prendere visione della documentazione posta a fondamento e richiamata nella medesima contestazione. […] Appare quindi evidente l'insanabile illegittimità del procedimento amministrativo in epigrafe, stante la violazione degli artt. 24 e 97 Cost. nonché dell'art. 24 della legge n. 689/1981, degli artt. 1, 10, 24, comma 7, e 25 della legge n. 241/90 e più specificamente dall'art. 17 del regolamento n. 1/2006 sull'accesso ai documenti amministrativi presso l'Ufficio del Garante, dal titolo "Conoscenza necessaria dei documenti", che prevede che "deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici", con ciò recependo le modifiche introdotte al richiamato art. 24, comma 7, della legge n. 241/90, dall'art 16 della legge n. 15/2005.»;

2) «con riguardo al legittimo trattamento dei dati delle anagrafi delle popolazioni e ai dati anagrafici dei singoli soggetti identificati nell'ambito dei singoli procedimenti penali, la contestazione di avere acquisito le anagrafi delle popolazioni di "circa 880 altre città" oltre a Palermo, Lamezia Terme e Mazara del Vallo e le altre di cui si è detto, solo perché risultano identificati taluni soggetti nati, o residenti in città diverse, appare assolutamente tendenziosa e fuorviante. Identificare nell'ambito di un incarico di consulenza o di perizia (in corso di svolgimento) le generalità anagrafiche di un soggetto di Milano, Napoli, Roma, Catania, Torino o di qualunque altra città di stati esteri, su preciso e conforme mandato dell'Autorità Giudiziaria, non significa certo acquisire le anagrafi delle popolazioni dei rispettivi comuni, nei quali risiedono milioni di altri soggetti, dei quali non si aveva alcuna esigenza di conoscere i relativi dati anagrafici, la registrazione, il trattamento e il mantenimento dei dati contestati è quindi avvenuto secondo le regole della pertinenza, dell'attualità e della specificità dei singoli incarichi e su conforme e specifica richiesta e autorizzazione delle Autorità Giudiziarie che li hanno conferiti»;

3) «Contrariamente alle semplicistiche e tendenziose conclusioni del consulente Bernaschi, nei dati in sequestro non vi è un solo byte di dati informatici che non provenga da una corretta acquisizione nell'ambito di un incarico giudiziario, la cui registrazione, trattazione e mantenimento (fino alla data del sequestro), siano avvenuti sulla base di una specifica e legittima esigenza procedimentale, connessa all'espletamento dei rispettivi incarichi. Infatti, ben oltre la redazione di singole e numerose relazioni interlocutorie, l'oggetto principale di tutti gli incarichi consulenziali e peritali conferiti allo scrivente ha riguardato l'allestimento e il mantenimento di un sito Web protetto, grazie al quale gli operatori abilitati del procedimento -nelle varie fasi e secondo la natura degli incarichi (pubblici ministeri, operatori di polizia giudiziaria, giudici, difensori, altri consulenti del pubblico ministero o delle parti, ecc.)- potessero accedere alla consultazione e all'elaborazione dei dati, grazie a dei software molto complessi e a dei server gestiti da sofisticati sistemi di protezione, del tutto ignorati quando ancora non del tutto travisati dal consulente Bernaschi. A titolo esemplificativo si considerino le richieste (all. 15) pervenute fino al maggio del 2012 dal pubblico ministero di Catanzaro, di abilitazione in favore del presidente della Corte d'Assise di Catanzaro delle User Id e Password di accesso all'area protetta di un incarico consulenziale "564.Isola", conferito al ricorrente il 30 marzo 2005 dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nell'ambito del procedimento penale n. 1182/04 mod. 21, riguardante una serie di omicidi ed episodi stragisti a connotazione mafiosa, consumati nell' hinterland del comune di Isola di Capo Rizzuto, in provincia di Crotone […]. Orbene, ricevuta la richiesta dal pubblico ministero titolare del procedimento, il ricorrente ha attivato il profilo richiesto ed ha fornito al Presidente della Corte d'Assise di Catanzaro l'ausilio richiesto, come si evince, esemplificativamente (per quanto serve ai fini del presente procedimento), dal contenuto delle e-mail del 7 giugno 2012 (vedi all.ti 16 e 17). Questo è avvenuto per decine e decine di altri incarichi giudiziari, ancora in corso, anche per quanto concerne i quesiti suppletivi inoltrati allo scrivente dall'Autorità Giudiziaria, nell'ambito gli stralci dei procedimenti principali, in occasione dell'attivazione di indagini collegate, della riapertura delle indagini, ecc. (vedi, esemplificativamente, con riguardo alle numerosissime evenienze verificatesi, il contenuto degli all.ti 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30 e 31). E' chiaro, quindi, che il mantenimento dei dati ben oltre il deposito delle relazioni assertivamente conclusive dell'incarico, sotto il profilo dell'esplicitazione nel procedimento delle risultanze dell'indagine tecnica delegata, è proseguita per quanto attiene i servizi di elaborazione, trattamento e consultazione remota dei dati, mediante il c.d. "Web protetto", mantenuto attivo fino alle cessate esigenze processuali del procedimento. E' utile al riguardo esaminare il contenuto dell'all. 32, riguardante l'ordinanza del 24 febbraio 2010 della Corte d'Assise di Caltanissetta che, a richiesta dello scrivente, ha autorizzato la disattivazione delle funzionalità Web e la cancellazione dei dati, che a richiesta della Corte erano stati mantenuti attivi ben oltre il deposito della relazione del perito del 07-11-2008 (all. 33), onde consentire la consultazione e l'elaborazione remota dei dati processati dallo stesso perito, ai giudici della Corte, al pubblico ministero, ai difensori e ai consulenti delle parti private. Ancora da un punto di vista esemplificativo è utile esaminare il contenuto del ricorso dello scrivente del 3 novembre 2009 (all. 34), l'integrazione al ricorso del 15 febbraio 2010 (all. 35) e l'ordinanza del Tribunale di Caltanissetta del 4 febbraio 2011 (all, 36), che ha accolto il ricorso, anche per quanto concerne il mancato pagamento dei costi riguardanti il trattamento e il mantenimento dei dati e dei programmi nel sito Web all'uopo allestito e mantenuto attivo, anche dopo il deposito delle singole relazioni tematiche.»;

4) «in relazione alla lettera a), fogli 1-2 del provvedimento impugnato, si precisa che per gli stessi fatti oggetto dell'odierna contestazione, su ulteriore denuncia sporta nell'anno 2011 dal Dott. Alberto Cisterna alla Procura della Repubblica di Palermo, è pendente presso detto Ufficio giudiziario il procedimento penale n, 19731/11 r.g.n.r. (n. 5140/12 r.gip), nel quale l'Avv. Genchi riveste la qualità di persona sottoposta a indagini preliminari, per il reato, fra gli altri, previsto dall'art. 167, d.lgs. 196/2003, assertivamente commesso in Palermo nella sua qualità di pubblico ufficiale, in quanto consulente dell'Autorità Giudiziaria (vedi la contestazione di cui all'art. 323 c.p.), come si evince dall'avviso della richiesta di proroga delle indagini preliminari, notificato allo scrivente il 9 gennaio 2013»;

5)  «in relazione alla lettera b), n. 9, foglio 3, del provvedimento impugnato, non risponde al vero che utenti diversi dall'Avv. Genchi abbiano avuto accesso a "un archivio unitario di dati", essendo, invece, dimostrabile che unicamente soggetti abilitati (es. magistrati), aventi specifiche qualificazioni e modalità protette di accesso a seconda e in corrispondenza di progressivi livelli esclusivi ad essi assegnati, abbiano avuto, e abbiano ancor oggi, accesso ai soli dati alla cui visione ed esame risultano specificamente autorizzati, essendo escluso che giornalisti, studenti e altri utenti privi di specifiche qualificazioni processuali abbiano mai potuto consultare, ove comunque registrati e muniti di password, se non la sezione pubblica del sito web gioacchinogenchi.it (rassegna stampa, atti parlamentari, pubblicazioni informatiche, relazioni della Commissione antimafia, ecc.)»;

6)  «in relazione alla lettera b), nn. 1 e 2, foglio 6, del provvedimento impugnato, il funzionario accertatore ha rappresentato che la conservazione dei dati è avvenuta oltre il termine di conclusione degli incarichi, senza dar conto delle relative ragioni e, soprattutto, senza specificare che l'Avv. Genchi aveva non solo l'obbligo di custodire i dati "per ragioni di giustizia" (stralci, collegamenti investigativi, dibattimenti in corso, ecc.), ma anche il diritto - a seguito dell'attivazione dei procedimenti penali nei suoi confronti - di trattenerli e utilizzarli "per difendere un proprio diritto in sede giudiziaria", ai sensi degli artt. 24 Cost., 13, c. 5, 24, c. 1, lett. f, Codice, nonché Autorizzazione Garante n. 7/2008. Tutto ciò senza tener conto che cancellando i suddetti dati avrebbe integrato specifiche fattispecie di reato»;

7) «in estrema sintesi […] si conferma che i dati presenti nel sistema avevano una loro ragione o in relazione agli incarichi che ancora dovevo espletare o in relazione alla salvaguardia del mio diritto di difesa. Gli atti non sono mai stati conservati per periodi superiori a quelli necessari anche in riferimento alla molteplicità dei procedimenti che scaturivano da singole consulenze. Per tali ragioni insisto nella richiesta di annullamento della contestazione di violazione amministrativa con conseguente archiviazione del procedimento sanzionatorio»;

RITENUTO che le argomentazioni addotte non risultano idonee a determinare l'archiviazione del procedimento sanzionatorio avviato con la contestazione di cui sopra per le motivazioni di seguito riportate:

1) con riferimento alla asserita illegittimità dell'atto di contestazione di violazione amministrativa per lesione del diritto di difesa correlata alla mancata ostensione dei documenti posti alla base della contestazione medesima, occorre in primo luogo evidenziare che l'istanza di accesso ai predetti documenti, presentata dall'avv. Genchi in data 15 gennaio 2013, è stata definita con un provvedimento di accoglimento parziale del 14 febbraio 2013, avverso il quale il richiedente non ha proposto impugnazione né in sede giustiziale né in sede giurisdizionale. Con tale provvedimento è stato consentito all'avv. Genchi di accedere ai documenti direttamente richiamati nella contestazione, mentre gli atti relativi a procedimenti penali acquisiti nel corso dell'istruttoria e non richiamati nella contestazione sono stati esclusi in base a quanto stabilito dall'art. 15, comma 2, lett. e), del Regolamento n. 1/2006 dell'Ufficio del Garante in relazione all'art. 116 c.p.p., poiché la copia di tali atti deve essere richiesta all'Autorità giudiziaria procedente. L'accesso agli ulteriori atti presenti nel fascicolo n. 81141 dell'Ufficio del Garante è stato differito di trenta giorni (15 marzo 2013): tale differimento, a seguito del quale, peraltro, l'avv. Genchi non ha proseguito nell'accesso, non ha inciso in alcun modo nell'esercizio del diritto di difesa della parte poiché l'Ufficio, già con nota del 17 gennaio 2013, aveva ad essa rappresentato che, nell'ambito dell'audizione ex art. 18 della legge n. 689/1981, sarebbe stato possibile integrare con ulteriori produzioni la documentazione eventualmente esibita in sede di memorie difensive. Giova ricordare che l'audizione di cui sopra è avvenuta in data 13 luglio 2015 e che l'avv. Genchi in quella occasione ha prodotto ampia documentazione;

2) con riferimento all'asserita violazione dell'art. 24 della legge n. 689/1981 in ragione del mancato accoglimento della richiesta di sospensione del procedimento amministrativo in pendenza di un connesso procedimento penale, deve osservarsi in primo luogo che quella disciplinata dall'art. 24 è solo una delle ipotesi di connessione che in astratto possono verificarsi fra l'illecito amministrativo e quello penale: fra quelle non espressamente previste, vi è la connessione c.d. ‘probatoria' che, come nel caso in argomento, ricorre quando gli elementi rilevanti ai fini della prova dell'illecito amministrativo sono acquisiti nell'ambito di un procedimento penale senza che fra l'illecito amministrativo ed il reato sussista il rapporto di dipendenza previsto dall'art. 24 (principio affermato già dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione II civile, con sentenza n. 23477 del 5 novembre 2009). Inoltre, va precisato che la valutazione in ordine all'invocata connessione (per pregiudizialità) della violazione amministrativa con un reato, per l'appunto prevista dall'art. 24 della legge n. 689/1981, è rimessa esclusivamente all'Autorità giudiziaria procedente. L'Autorità procedente, in questo caso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, è stata informata delle attività del Garante in merito agli archivi dell'avv. Genchi fin dal 12 luglio 2012, data in cui l'Autorità ha richiesto copia della perizia svolta sui database dell'avv. Genchi, proprio per consentire una completa valutazione della vicenda con riferimento alla possibile instaurazione di un procedimento sanzionatorio amministrativo. Poiché nessuna osservazione in ordine ad una eventuale connessione ex art. 24 della legge n. 689/1981 è stata espressa dalla Procura di Palermo, che ha trasmesso, in data 23 luglio 2012 e 16 ottobre 2012, gli atti richiesti, l'istruttoria presso il Garante è proseguita in base alle vigenti disposizioni procedimentali;

3)  quanto alle doglianze in merito alla mancata osservanza delle disposizioni di cui alla legge n. 241/1990 in tema di partecipazione al procedimento amministrativo, deve rappresentarsi che, come indicato dalla Suprema Corte di Cassazione (ad es., Sez. V civ., n. 14104 dell'11 giugno 2010; n. 26874 del 21 dicembre 2009), nei procedimenti per la irrogazione di sanzioni amministrative, disciplinati dalla legge n. 689/1981, non trovano applicazione le disposizioni sulla partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241/1990, le quali configurano normativa generale su cui prevale la legge speciale. Non risulta pertanto sussistere alcuna violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1 e 10 della predetta legge, essendo previste nella legge n. 689/1981, e in particolare negli artt. 14 e 18, misure di analoga efficacia per garantire la partecipazione dell'interessato, il diritto di difesa e il contradditorio nell'ambito del procedimento sanzionatorio. Tali disposizioni risultano, nel caso di specie, essere state correttamente osservate. Più precisamente, l'Autorità ha contestato e notificato all'avv. Genchi le violazioni sopra riportate nei termini previsti dall'art. 14 della legge n. 689/1981, avvertendolo della facoltà di effettuare, laddove previsto, il pagamento in misura ridotta entro 60 giorni, ovvero di produrre, entro 30 giorni, scritti difensivi e/o presentare richiesta di audizione; nell'atto di contestazione sono stati indicati tutti i documenti alla base delle contestazioni medesime e a tali atti è stato consentito l'accesso all'avv. Genchi; la partecipazione dell'avv. Genchi al procedimento sanzionatorio avviato con l'atto di contestazione si è realizzata con il deposito, da parte dello stesso, di una memoria difensiva corredata da n. 149 documenti allegati e con lo svolgimento, concordato con la parte per ciò che attiene alle tempistiche, dell'audizione dell'avv. Genchi innanzi all'Autorità, audizione i cui contenuti sono stati formalizzati in un processo verbale al quale è stata allegata ulteriore documentazione prodotta dalla parte. Il tutto conformemente a quanto disposto dall'art. 18 della legge n. 689/1981;

4) quanto alle argomentazioni difensive relative alla lecita costituzione della struttura informatica creata dall'avv. Genchi (banca-dati, sito web e altre applicazioni), qualunque valutazione non può prescindere dalla circostanza che, con decreto di archiviazione del 3 febbraio 2012, il Giudice per le indagini preliminari di Palermo ha dichiarato che, proprio con riferimento alla costituzione della banca-dati, risultano «integrati gli estremi oggettivi del reato di trattamento illecito di dati personali (per la mancanza delle necessarie autorizzazioni e del consenso espresso degli interessati, in violazione dell'art. 23, d.lgs. n. 196/2003)», difettando, ai fini della prosecuzione dell'azione penale, il solo elemento della realizzazione, attraverso le condotte illecite, di un danno patrimonialmente rilevante. Tale elemento, tuttavia, non è richiesto per la configurabilità dell'illecito amministrativo. Deve, inoltre, richiamarsi l'attenzione su quanto stabilito dal Garante con delibera n. 46 del 26 giugno 2008 (in www.garanteprivacy.it., doc. web n. 1534086) recante le Linee guida in materia di trattamento di dati personali da parte dei consulenti tecnici e dei periti ausiliari del giudice e del pubblico ministero, oggetto di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n. 178 del 31 luglio 2008) e di comunicazione al Ministero della Giustizia e al Consiglio Superiore della Magistratura. In tale provvedimento si rileva, fra l'altro, che «in riferimento ai trattamenti di dati svolti per ragioni di giustizia non è applicabile la disposizione del Codice (art. 16) relativa alla cessazione del trattamento di dati personali, evenienza che, nel caso del trattamento effettuato dal consulente e dal perito, di regola coincide con l'esaurimento dell'incarico. Trova, peraltro, applicazione anche ai trattamenti di dati personali effettuati per ragioni di giustizia il dettato dell'art. 11, comma 1, lett. e), del Codice il quale prevede che i dati non possono essere conservati per un periodo di tempo superiore a quello necessario al perseguimento degli scopi per i quali essi sono stati raccolti e trattati. Ne consegue che, espletato l'incarico e terminato quindi il connesso trattamento delle informazioni personali, l'ausiliario deve consegnare per il deposito agli atti del procedimento non solo la propria relazione, ma anche la documentazione consegnatagli dal magistrato e quella ulteriore acquisita nel corso dell'attività svolta, salvo quanto eventualmente stabilito da puntuali disposizioni normative o da specifiche autorizzazioni dell'autorità giudiziaria che dispongano legittimamente ed espressamente in senso contrario. Ove non ricorrano tali ultime due ipotesi, il consulente e il perito non possono quindi conservare, in originale o in copia, in formato elettronico o su supporto cartaceo, informazioni personali acquisite nel corso dell'incarico concernenti i soggetti, persone fisiche o giuridiche, nei cui confronti hanno svolto accertamenti». Nel caso degli incarichi consulenziali affidati all'avv. Genchi, non risulta siano mai state rilasciate specifiche autorizzazioni per consentire al consulente di trattenere i dati acquisiti oltre il termine degli incarichi medesimi. Al riguardo, i documenti prodotti dalla parte si configurano quali richieste di abilitazione all'accesso ad un archivio informatico. In particolare l'allegato n. 15 alle memorie difensive, che l'avv. Genchi ha prodotto al fine di dimostrare che «l'oggetto principale di tutti gli incarichi consulenziali e peritali conferiti allo scrivente ha riguardato l'allestimento e il mantenimento di un sito Web protetto», è costituito da reiterate richieste a firma del Cancelliere della Direzione distrettuale antimafia presso la Procura di Palermo aventi il seguente tenore: «indichi il dr. Genchi nome utente e password per attivare i link della consulenza depositata nell'ambito del procedimento penale nr. […] ai fini della consultazione». Tali richieste non possono in alcun modo essere considerate autorizzazioni al consulente a conservare presso un proprio sistema informatico i dati acquisiti nel corso dell'incarico affidato. Allo stesso modo non sono configurabili quali specifiche autorizzazioni al consulente i citati allegati nn. 24-31 che riguardano: richieste del Procuratore di Palermo di trasmissione di copie di consulenze e dei relativi atti acquisiti; richieste della Direzione distrettuale antimafia presso la Procura di Roma volte a consentire la consultazione degli atti di consulenze disposte dalla Procura di Palermo; una nota redatta dall'avv. Genchi il 3 maggio 2012 per il deposito alla Procura di Marsala di copia integrale di una consulenza già depositata nel 2006. Con riferimento agli ulteriori allegati richiamati nelle memorie difensive, e in particolare a quelli relativi alla «ordinanza del Tribunale di Caltanissetta del 4 febbraio 2011, che ha accolto il ricorso, anche per quanto concerne il mancato pagamento dei costi riguardanti il trattamento e il mantenimento dei dati e dei programmi nel sito Web all'uopo allestito e mantenuto attivo», si rileva che l'oggetto della vicenda contenuta nell'Ordinanza non era il riconoscimento della legittimità dell'operato dell'avv. Genchi in tema di conservazione di dati giudiziari personali e giudiziari ma, invece, il pagamento delle prestazioni degli ausiliari del consulente, che in prima istanza erano state ritenute una mera duplicazione delle attività del consulente medesimo. In tutti questi casi non vi è alcun cenno ad una specifica autorizzazione alla conservazione dei dati acquisiti per un periodo superiore a quello di espletamento dell'incarico. Se è vero che da tali atti può desumersi, in qualche modo, l'implicita presa d'atto da parte delle Procure che i predetti dati erano stati duplicati e conservati sistematicamente e per un lungo periodo nell'archivio costituito dall'avv. Genchi, la richiesta di trasmissione di copie, di consultazione di atti o di accesso ad un database non possono di certo valere ex post quale sanatoria per una pratica manifestamente contraria al presupposto di legittimità di cui all'art. 11, comma 1, lett. e), del Codice, richiamato anche al punto n. 4 delle citate Linee guida del Garante.

Peraltro, gli incarichi di consulenza affidati all'avv. Genchi e i relativi verbali, alcuni dei quali sono stati prodotti a titolo esemplificativo negli allegati nn. 21 e 22 alle memorie difensive, avevano quale oggetto «l'acquisizione ed elaborazione analitico-relazionale dei dati», l'approntamento dei «software necessari all'acquisizione al trattamento ed all'analisi dei dati di traffico acquisiti», la realizzazione di «elaborazioni grafiche dei dati acquisiti, eseguendo altresì la digitalizzazione su supporto DVD, per le esigenze di consultazione ed estrazione nell'ambito del procedimento», oltre alla redazione di relazioni sullo svolgimento degli incarichi medesimi. Può osservarsi che tali incarichi, aventi di regola un termine di 60 giorni, non prevedevano in alcun modo la realizzazione di "siti protetti" nei quali far confluire i dati acquisiti ma, anzi, stabilivano chiaramente che i predetti dati dovevano essere conservati, ai fini della consultazione da parte degli inquirenti, su supporto DVD. Dagli elementi presenti in atti non è possibile, quindi, desumere che le attività consulenziali dell'avv. Genchi dovessero seguire un iter differente rispetto a quello generalmente stabilito in relazione agli ordinari incarichi peritali o di consulenza disposti dall'Autorità giudiziaria. Il consulente, pertanto, avrebbe dovuto, una volta espletata la propria attività entro il termine stabilito dall'A.G., depositare tutti gli atti estratti in copia e tutti i dati acquisiti nel corso della consulenza oltre alle relazioni peritali redatte. Eventuali approfondimenti o collegamenti investigativi potevano essere proficuamente svolti richiedendo di volta in volta all'Autorità procedente una specifica autorizzazione per il riesame degli elementi di prova ritenuti necessari;

5) con riferimento alle osservazioni difensive tendenti a dimostrare che taluni atti presenti nell'archivio dell'avv. Genchi oltre il termine delle operazioni peritali erano necessari per far valere un proprio diritto in sede giudiziaria in ragione delle numerose cause nelle quali il medesimo ha figurato in veste di indagato, imputato o parte offesa e dei contenziosi civili, amministrativi e tributari, si evidenzia anzitutto che quanto argomentato dalla parte è del tutto inconferente in quanto la registrazione e la conservazione dei predetti dati nel database è stata effettuata dall'avv. Genchi prima che egli avesse necessità di tutelare un proprio diritto in sede giudiziaria. Del resto, anche rispetto all'ipotesi di un'eventuale legittima costituzione dell'archivio in argomento- che comunque si sarebbe potuta realizzare solo sulla base di espresse autorizzazioni dell'A.G.- va considerato che i dati in esso contenuti avrebbero  potuto essere utilizzati solo per finalità di giustizia da parte della medesima Autorità giudiziaria e non certo dall'avv. Genchi per far valere i propri diritti di privato cittadino in sede giudiziaria. In altri termini, proprio la conservazione e l'utilizzo per finalità private dei dati da parte dell'avv. Genchi nell'ambito di procedimenti penali e contenziosi civili, amministrativi e tributari nei quali egli era parte smentiscono l'asserita esclusiva destinazione dell'archivio a finalità di giustizia. Dei trattamenti di dati personali per tali finalità risultano infatti titolari,  per espressa disposizione di legge, «gli uffici giudiziari di ogni ordine e grado, il Consiglio superiore della magistratura, gli altri organi di autogoverno e il Ministero della giustizia» (art. 46 del Codice). Giova qui evidenziare come il particolare regime che caratterizza il trattamento di dati personali effettuato dagli uffici giudiziari (artt. 46-49 del Codice), che comporta una rilevante compressione dei diritti degli interessati, si giustifica solo in ragione della necessità di assicurare il perseguimento delle ragioni di giustizia e non appare estensibile a trattamenti effettuati per finalità proprie da periti/consulenti che ne abbiano avuto la disponibilità in ragione degli incarichi espletati;

6) con riferimento alle argomentazioni difensive circa l'accessibilità ai dati giudiziari ai soli «soggetti abilitati (es. magistrati), aventi specifiche qualificazioni e modalità protette di accesso a seconda e in corrispondenza di progressivi livelli esclusivi ad essi assegnati», tale assunto appare contraddetto dagli esiti della perizia redatta dal dott. Bernaschi in relazione al procedimento penale avviato dalla Procura di Palermo a carico dell'avv. Genchi e definito con decreto di archiviazione del 3 febbraio 2012, perizia acquisita dall'Ufficio del Garante il 16 ottobre 2012. In tale perizia si dà atto che, nel sito web dell'avv. Genchi risulta presente una sezione denominata "Archivio" il cui accesso è riservato a utenti in possesso di una specifica autorizzazione. Nella sezione archivio sono presenti n. 175 documenti relativi a deposizioni di collaboratori di giustizia, sentenze, ordinanze di applicazione di misure cautelari, provvedimenti di fermo di indiziati di reato, relazioni peritali dell'avv. Genchi, verbali di udienza, ordinanze del Tribunale per il riesame, sintesi di contatti telefonici, individuazione di utenze telefoniche, richieste di archiviazione di reati, deposizioni del consulente tecnico, requisitorie di pubblici ministeri, ecc. All'accesso di tali dati nel loro complesso risultavano abilitati, fra gli altri, anche numerosi giornalisti, oltre a magistrati, ufficiali e sottufficiali dei Carabinieri, ufficiali della Guardia di finanza, dirigenti, funzionari, commissari, ispettori e sovrintendenti della Polizia di Stato, funzionari della Polizia Municipale e anche una figura professionale denominata "telecommunication engineer". La natura degli atti presenti nella sezione Archivio evidenzia che a tali soggetti fosse consentito un accesso a dati di natura giudiziaria anche di particolare rilevanza, alle analisi del traffico telefonico, agli accertamenti sui reali intestatari delle utenze e che quindi, in tale ambito, si sia realizzata una comunicazione ai soggetti di cui sopra di dati personali, che devono ritenersi essere stati acquisiti dall'avv. Genchi in occasione dello svolgimento degli incarichi consulenziali. Giova, in questo caso, richiamare quanto osserva al punto n. 3 nelle Linee guida del Garante del 26 giugno 2008 in tema di comunicazioni di dati personali e cioè che: «le informazioni personali acquisite nel corso dell'accertamento possono essere comunicate alle parti, come rappresentate nel procedimento (ad esempio, attraverso propri consulenti tecnici), con le modalità e nel rispetto dei limiti fissati dalla pertinente normativa posta a tutela della segretezza e riservatezza degli atti processuali. Fermo l'obbligo per l'ausiliare di mantenere il segreto sulle operazioni compiute (art. 226 c.p.p.; cfr. anche art. 379-bis c.p.), eventuali comunicazioni di dati a terzi, ove ritenute indispensabili in funzione del perseguimento delle finalità dell'indagine, restano subordinate a quanto eventualmente direttamente stabilito per legge o, comunque, a preventive e specifiche autorizzazioni rilasciate dalla competente autorità giudiziaria». Agli atti di questa Autorità non risultano preventive e specifiche autorizzazioni dell'A.G. tali da consentire l'accesso a dati giudiziari ad una platea così vasta e variegata di soggetti. Sotto questo profilo, anche la pubblicazione, nella sezione Archivio del sito dell'avv. Genchi, dei dati personali contenuti nelle relazioni peritali redatte dal medesimo risulta illecita posto che tali elaborati, pur se a firma del consulente, non potevano essere considerati nella sua piena disponibilità ma, di tutta evidenza, esclusivamente riservati alla consultazione dell'Autorità procedente;

RITENUTO che, sulla base degli atti e degli elementi sopra rappresentati, il trattamento di dati personali svolto dall'avv. Genchi possa così qualificarsi:

a) l'avv. Genchi ha costituito, nel corso della propria attività di consulente tecnico dell'Autorità Giudiziaria esercitata fin dal 1992, un database alimentato costantemente da dati personali, dati di traffico telefonico o comunque relativi a utenze telefoniche e dati giudiziari;

b) i dati di cui sopra sono stati lecitamente acquisiti dall'avv. Genchi in ragione degli incarichi consulenziali o peritali allo stesso conferiti;

c) poiché l'acquisizione dei dati è direttamente correlata alla trattazione giudiziaria di affari e controversie, la titolarità dei trattamenti, stabilita in base al combinato disposto di cui agli artt. 46 e 47 del Codice, deve attribuirsi agli Uffici giudiziari che hanno conferito gli incarichi al consulente, avv. Genchi;

d) la successiva duplicazione di tali dati e la conservazione degli stessi nel database in argomento, non risultano essere ricomprese fra le operazioni di trattamento previste negli incarichi conferiti all'avv. Genchi: tali incarichi di regola, avevano un termine di sessanta giorni e a tale termine si deve fare riferimento per stabilire il limite di conservazione dei dati da parte dell'avv. Genchi;

e) i dati acquisiti per ragioni di giustizia e conservati nel database dell'avv. Genchi oltre i termini predetti sono stati trattati anche per la difesa in sede giudiziaria di diritti dell'avv. Genchi medesimo;

f)  una ulteriore finalità dei trattamenti svolti dall'avv. Genchi con i dati presenti nel database risiede nella comunicazione di dati di traffico telefonico, di titolari di utenze telefoniche e di dati giudiziari ad una vasta e non selettivamente individuata platea di soggetti, fra cui magistrati, appartenenti alle forze di polizia, giornalisti e professionisti vari;

g) l'avv. Genchi ha, pertanto, costituito un database in assenza di specifico incarico da parte dell'Autorità giudiziaria e lo ha alimentato con i dati acquisti nel corso delle proprie attività di consulenza per conto dell'Autorità giudiziaria, utilizzando il patrimonio informativo in esso contenuto per finalità ulteriori rispetto a quelle correlate agli incarichi ricevuti. Tali condotte, indicate ai precedenti punti d), e) e f), confliggono con il principio di liceità della conservazione dei dati personali di cui all'art. 11, comma 1, lett. e), del Codice, richiamato nelle Linee guida di cui alla delibera n. 46 del 26 giugno 2008;

h) la registrazione e l'organizzazione dei dati nel database, così come la logica per la loro elaborazione, le finalità e le scelte di fondo in materia di sicurezza, i tempi di conservazione, l'ambito di comunicazione a soggetti terzi e a propri collaboratori, sono stati definiti in base a decisioni autonomamente adottate dall'avv. Genchi, il quale ha assunto, con riferimento ai dati riversati nel proprio database e conservati oltre il termine delle operazioni peritali, la veste giuridica di titolare ai sensi degli artt. 4, comma 1, lett. f), e 28 del Codice, non operando più, in questo specifico contesto, come consulente dell'Autorità giudiziaria ma come soggetto privato;

i) i dati giudiziari originariamente acquisiti lecitamente dall'avv. Genchi come consulente dell'Autorità giudiziaria sono stati poi trattati, fuori dal perimetro indicato negli incarichi peritali e di consulenza, dal medesimo avv. Genchi nella sua nuova veste di soggetto privato titolare del trattamento. Come è noto, il trattamento di dati giudiziari svolti da privati e enti pubblici economici è disciplinato dall'art. 27 del Codice ed è "consentito soltanto se autorizzato da espressa disposizione di legge o provvedimento del Garante che specifichino le rilevanti finalità di interesse pubblico del trattamento, i tipi di dati trattati e di operazioni eseguibili": il provvedimento del Garante al quale fare riferimento nel caso in argomento è l'Autorizzazione n. 7/2008 al trattamento dei dati a carattere giudiziario da parte di privati, di enti pubblici economici e di soggetti pubblici, del 19 giugno 2008, pubblicata in G.U. n. 169 del 21 luglio 2008 - supp. ord. n. 175 (in www.gpdp.it, doc. web n. 1529557). Tale provvedimento reca un esplicito richiamo al principio di cui all'art. 11, comma 2, del Codice, in base al quale "i dati trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento di dati personali non possono essere utilizzati. Poiché i dati giudiziari di cui sopra sono confluiti nel database dell'avv. Genchi in violazione di tale disciplina rilevante (come evidenziato al punto g), ne consegue che i trattamenti svolti dal predetto in qualità di autonomo titolare non sono conformi a quanto disposto dall'Autorizzazione n. 7/2008, in ragione della illecita loro conservazione da parte dell'avv. Genchi in qualità di soggetto privato titolare del trattamento, e sono stati pertanto effettuati in violazione delle disposizioni di cui all'art. 27 del Codice;

j) inoltre, i dati giudiziari sono confluiti nel database dell'avv. Genchi sistematicamente e indipendentemente dalla sussistenza di eventuali circostanze che ne giustificassero il lecito trattamento. Con riferimento, pertanto, alle argomentazioni difensive dell'avv. Genchi e fermo restando che la tutela dei diritti in sede giudiziaria non può avvenire, in mancanza di idonei presupposti che lo consentano, utilizzando dati personali raccolti da altro titolare per altre finalità, deve rilevarsi che la registrazione e la conservazione dei predetti dati nel database è avvenuta, comunque, prima che sorgesse la necessità, da parte dell'avv. Genchi, di tutelare un proprio diritto in sede giudiziaria;

k) sempre con riferimento alle argomentazioni difensive dell'avv. Genchi deve osservarsi inoltre che la comunicazione a terzi dei dati giudiziari presenti nella sezione "Archivio" del sito www.gioacchinogenchi.it è stata effettuata per finalità estranee alle ragioni di giustizia e alla tutela di un proprio diritto in sede giudiziaria;

l) per quanto riguarda i dati personali diversi da quelli giudiziari, deve osservarsi che le condotte di cui ai punti d), e) e f) poste in essere dall'avv. Genchi quale soggetto privato risultano, altresì, violare le disposizioni in tema di consenso, poiché analogamente a quanto osservato ai punti g) e  i), i trattamenti di dati personali tratti dagli archivi anagrafici, dati di traffico telefonico e di titolari di utenze telefoniche risultano effettuati in violazione del principio di liceità di cui all'art. 11, comma 1, lett. e), del Codice rendendo pertanto inapplicabili, nel caso di specie, le disposizioni di cui all'art. 24, comma 1, lett. f), del Codice in tema di esclusione dall'obbligo di raccolta del consenso ai sensi dell'art. 23. Anche in questo caso deve osservarsi, con riferimento alle argomentazioni difensive dell'avv. Genchi, che la registrazione e la conservazione dei predetti dati nel proprio database sono avvenute sistematicamente e indipendentemente dalla sussistenza di eventuali circostanze, segnatamente la difesa di un diritto in sede giudiziaria che, astrattamente, ne giustificassero la realizzazione. Va altresì osservato, analogamente a quanto espresso al punto k), che anche la comunicazione a terzi dei dati personali, di traffico telefonico e di titolari di utenze telefoniche presenti nella sezione "Archivio" del sito si è realizzata per finalità estranee alle ragioni di giustizia e alla tutela di un proprio diritto in sede giudiziaria;

m)  inoltre, alla raccolta e alla conservazione dei dati tratti dagli archivi anagrafici, dei dati relativi ai titolari di utenze telefoniche e dei dati di traffico telefonico oltre i termini previsti dagli incarichi peritali e prima che sorgesse la necessità, da parte dell'avv. Genchi, di tutelare un proprio diritto in sede giudiziaria, nonché alla comunicazione dei dati comuni presenti nella sezione "Archivio" risulta inapplicabile l'esenzione di cui all'art. 13, comma 5, lett. b), del Codice dall'obbligo di rendere agli interessati un'idonea informativa: ciò, in quanto, affinché si realizzi tale fattispecie occorre che i dati siano stati trattati esclusivamente per le finalità difensive in sede giudiziaria, circostanza che non ricorre nel caso in argomento poiché i dati presenti nel database dell'avv. Genchi sono stati originariamente raccolti per ragioni di giustizia e successivamente trattati, non in conformità alla normativa di settore, anche per difendere propri diritti in giudizio e per altre finalità. Pertanto, effettuando tali trattamenti senza avere preliminarmente reso la necessaria informativa agli interessati, l'avv. Genchi ha violato le disposizioni di cui all'art. 13 del Codice;

n) le violazioni come sopra delineate ai punti i), j), k), l) e m) sono state commesse in relazione ad una banca-dati di particolare rilevanza, attesa la tipologia di informazioni in essa contenute, come sopra descritto, nonché di particolare dimensioni, posto che tale banca-dati conserva informazioni personali di carattere anagrafico consistenti in n. 1.162.510 record presenti nella tabella "Anagrafe/Soggetto" e in n. 576.324 record presenti nella tabella "Anagrafe/Prov". Sono inoltre presenti, fra l'altro, i tracciati di n. 351.991.031 comunicazioni telefoniche e le informazioni relative alla titolarità di n. 13.684.937 utenze telefoniche. Deve ritenersi, pertanto, configurata l'ipotesi aggravata prevista dall'art. 164-bis, comma 2.

Al riguardo, deve inoltre evidenziarsi l'autonoma configurabilità della fattispecie sanzionatoria in argomento rispetto alle violazioni presupposte, di cui agli artt. 161 e 162, comma 2-bis, del Codice. Come rilevato dal Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi sulla natura della sanzione di cui all'art. 164-bis, comma 2 (sezione prima civile, sentenza 11 marzo 2014, n.r.g. 85819/2012), essa deve ritenersi autonoma e distinta rispetto alle fattispecie in essa richiamate in ragione, da un lato, della reiterazione delle condotte addebitabili al soggetto sanzionato; dall'altro dall'oggetto dell'illecito trattamento che nel caso di cui all'art. 164-bis, comma 2, del Codice coincide con una banca dati di grandi dimensioni, o comunque socialmente rilevante. Nel rapporto fra le sopra richiamate disposizioni non può, infine, ritenersi applicabile il principio di "consunzione" in base al quale la norma di maggiore portata include in sé quelle di minore portata, assorbendone il disvalore giuridico determinato dal fatto concreto ( Corte di Cassazione -Sezioni Unite, sentenze nn. 47164/2005, 1235/2011 e 1963/2011). Del resto, in ragione della circostanza che le disposizioni sanzionatorie in argomento sono ricomprese nel medesimo corpo normativo, il legislatore avrebbe potuto espressamente indicare la prevalenza di una norma sulle altre con specifiche clausole di riserva. Non avendo operato in tal senso, deve ritenersi ulteriormente confermato il carattere autonomo e distinto delle disposizioni di cui agli artt. 161, 162, comma 2-bis e 164-bis, comma 2, del Codice, con conseguente applicazione delle relative sanzioni;

o) in ragione della specifica afflittività della sanzione prevista dal predetto art. 164-bis, comma 2 (contestata unitamente alle sanzioni relative alle violazioni presupposte degli artt. 13, 23 e 27 del Codice), che tiene conto anche dell'elevato numero di soggetti coinvolti nelle violazioni medesime, si ritiene invece, nel caso in argomento, non applicabile l'aggravante di cui all'art. 164-bis, comma 3, del Codice.

RILEVATO, quindi, che l'avv. Gioacchino Genchi, sulla base delle considerazioni sopra richiamate, risulta aver commesso, in qualità di titolare del trattamento, ai sensi degli artt. 4 e 28 del Codice, dei dati contenuti nella struttura informatica creata dal medesimo:

1) la violazione di cui agli artt. 13 e 161 del Codice, per aver svolto trattamenti costituiti dalla raccolta e conservazione di dati tratti da archivi anagrafici, di dati relativi ai titolari di utenze telefoniche e di dati di traffico telefonico, nonché trattamenti di dati personali finalizzati alla comunicazione a terzi delle informazioni presenti nella sezione "Archivio" del database, omettendo di fornire l'informativa agli interessati e senza che ricorressero le circostanze per l'esenzione del titolare dall'obbligo di rendere l'informativa agli interessati;

2) la violazione di cui agli artt. 23 e 162, comma 2-bis, del Codice, per aver svolto trattamenti costituiti da operazioni di raccolta, conservazione e comunicazione di dati comuni, di dati relativi ai titolari di utenze telefoniche e di dati di traffico telefonico, omettendo di raccogliere il consenso degli interessati e senza che ricossero le condizioni di cui all'art. 24 del Codice in base alle quali il trattamento può essere effettuato senza il consenso degli interessati;

3) la violazione di cui agli artt. 27 e 162, comma 2-bis, del Codice, per aver svolto trattamenti costituiti da operazioni di raccolta, conservazione e comunicazione di dati giudiziari non disciplinate dall'Autorizzazione generale n. 7/2008 del Garante e in assenza di espresse disposizioni di legge o di altri provvedimenti autorizzativi del Garante;

4) la violazione di cui all'art. 164-bis, comma 2, del Codice, per aver commesso le violazioni di cui ai punti 1), 2) e 3)  sopra richiamati in relazione a banche di dati di particolare rilevanza e dimensioni.

VISTO l'art. 161 del Codice che punisce la violazione delle disposizioni di cui all'art. 13 con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da seimila euro a trentaseimila euro; l'art. 162, comma 2-bis, (nella formulazione vigente all'epoca dei fatti e quindi antecedente alle modifiche di cui all'art. 20-bis, comma 1, lettera c), punto 1, del decreto legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito dalla legge 20 novembre 2009, n. 166) che punisce la violazione degli artt. 23 e 27 del Codice con la sanzione da ventimila a centoventimila euro; l'art. 164-bis, comma 2, che, in caso di più violazioni di una o più di una delle disposizioni sopra richiamate, commesse anche in tempi diversi in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o dimensioni, prevede l'applicazione di una sanzione da cinquantamila a trecentomila euro;

CONSIDERATO che, ai fini della determinazione dell'ammontare della sanzione pecuniaria, occorre tenere conto, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 689/1981, dell'opera svolta dall'agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, della gravità della violazione, della personalità e delle condizioni economiche del contravventore;

CONSIDERATO che, nel caso in esame:

a) in ordine all'aspetto della gravità con riferimento agli elementi dell'entità del pregiudizio o del pericolo e dell'intensità dell'elemento psicologico, le violazioni risultano connotate da elementi specifici posto che le condotte sopra descritte si pongono in contrasto con le indicazioni di dettaglio individuate dal Garante nelle Linee guida di cui al provvedimento n. 46 del 26 giugno 2008 e nelle disposizioni di cui all'Autorizzazione generale n. 7 di cui al provvedimento n. 38 del 19 giugno 2008;

b) ai fini della valutazione dell'opera svolta dall'agente, deve essere considerato in termini non favorevoli il fatto che l'avv. Genchi non abbia in alcun modo posto in essere atti volti a determinare la cessazione degli illegittimi trattamenti;

c) circa la personalità dell'autore della violazione, deve essere considerata la circostanza che l'avv. Genchi non risulta gravato da precedenti procedimenti sanzionatori definiti in via breve o a seguito di ordinanza ingiunzione;

d) in merito alle condizioni economiche dell'agente, sono stati presi in considerazione gli elementi delle dichiarazioni reddituali relative all'anno d'imposta 2014;

RITENUTO, quindi, di dover determinare, ai sensi dell'art. 11 della L. n. 689/1981, l'ammontare della sanzione pecuniaria,  in ragione dei suddetti elementi valutati nel loro complesso, nella misura di:

- euro 12.000,00 (dodicimila) per le violazioni di cui all'art. 161, in relazione all'art. 13 del Codice;

- euro 40.000,00 (quarantamila) per la violazione di cui all'art. 162, comma 2-bis, in relazione all'art. 23 del Codice;

-  euro 40.000,00 (quarantamila) per la violazione di cui all'art. 162, comma 2-bis, in relazione all'art. 27 del Codice;

- euro 100.000,00 (centomila) per la violazione di cui all'art. 164-bis, comma 2, del Codice, in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o dimensioni;

VISTA la documentazione in atti;

VISTA la legge n. 689/1981, e successive modificazioni e integrazioni;

VISTE le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000, adottato con deliberazione del 28 giugno 2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

ORDINA

all'avv. Gioacchino Genchi, nato a Castelbuono (PA), il 22 agosto 1960, residente in Palermo, piazza Principe di Camporeale, n. 64, di pagare la somma di euro 192.000,00 (centonovantaduemila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per le violazioni indicate in motivazione;

INGIUNGE

Al medesimo avv. Genchi di pagare la somma di euro 192.000,00 (centonovantaduemila), secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l'adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall'art. 27 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

Roma, 31 marzo 2016

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

 
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